21/06/2021
ZOOTECNIA

Il report di RRN sull’analisi delle filiere zootecniche italiane nella PAC post 2020

Nell’ambito delle attività della Rete Rurale Nazionale è stato redatto il report: “L’Italia e la PAC post 2020: contributo all’analisi di contesto per gli Obiettivi Specifici dell’OG1. Approfondimenti settoriali: filiere zootecniche“.
 

Questo report è uno dei contributi volti a favorire l’obiettivo generale
1: Promuovere un settore agricolo intelligente, resiliente e diversificato che garantisca la sicurezza alimentare. 
La zootecnia avendo una notevole rilevanza nell’agricoltura nazionale, contribuisce anche alla sicurezza alimentare. Per questi  motivi sono state analizzate le principali filiere zootecniche: latte bovino, carne bovina e settore ovicaprino.

L’analisi ha l’obiettivo di stabilire la corrispondenza tra le criticità delle filiere zootecniche e le politiche in atto. Il benessere degli allevamenti si è rivelato strettamente correlato con la redditività del settore agro-zootecnico, con la produttività delle aziende e con la valorizzazione delle produzioni.

L’Italia risulta essere uno dei paesi più attivi nelle opere di miglioramento delle condizioni di stabulazione per i bovini, in particolare con interventi nelle aree di riposo. 
Per le principali filiere zootecniche segue una breve analisi. 

Filiera lattiero-casearia
Per il settore lattiero caseario, la produzione nazionale soddisfa circa l’80% dei fabbisogni interni, mentre il restante 20% è coperto dalle importazioni di latte e derivati. 
È quindi evidente una dipendenza dall’estero. Tuttavia ne è emerso un calo negli ultimi anni e una concentrazione sui prodotti finiti, come conseguenza dell’aumento della produzione interna di latte e della diminuzione delle importazioni di materie prime. 

Filiera carne bovina
L’Italia in questo settore ha un tasso di autoapprovvigionamento attorno al 52%, il più basso tra i prodotti agroalimentari. Importazione di animali vivi, che rappresentano circa il 36% dell’import totale e il restante costituito da carni e preparazioni. Le esportazioni occupano invece un ruolo secondario negli scambi commerciali. 
Il nostro paese si classifica come quarto produttore di carne bovina in europa, ma le lacune strutturali del settore determinano l’inevitabile affidamento alle forniture estere. Le conseguenze si riflettono con aumenti sui costi di allevamento e sul prezzo finale della carne nazionale, che risulta poco competitiva a confronto con quella di importazione. 

Filiera ovicaprina
Benché nell’industria ovicaprina i volumi, in entrata e in uscita, influiscono per circa lo 0,5% sulle transazioni totali, il settore e il suo andamento sono molto condizionati dai mercati esteri. 
In riferimento alle carni, l’Italia importa capi vivi dall’Europa dell’est per il 43%, mentre la restante parte, tra carni fresche e congelate, è acquistata all’estero.
I prezzi dei prodotti stranieri presentano differenze fino al 30% rispetto alla media nazionale; il prodotto italiano è quindi facilmente minacciato dalla concorrenza. 
Per i formaggi la situazione cambia: la quota al 126% di autoapprovvigionamento è  indice dell’importanza strategica, per l’intero settore, delle esportazioni di pecorino. Circa il 38% del pecorino totale (di cui il 95% Pecorino Romano) è destinato all’estero (il 70% solo in USA). 
Concentrazioni così elevate fanno sì che le variazioni della domanda estera incidano sull’intero settore ovino nazionale. 

Per approfondire, scarica il report.  

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